INTERROGAZIONI ALL’ORDINE DEL GIORNO
–GUERZONI. – Al Ministro della difesa. – Premesso che nonostante le assicurazioni fornite a suo tempo dal Ministero continua la «precettazione» d’autorità degli obiettori di coscienza dopo quelle dell’estate scorsa ritenute del tutto eccezionali;
ribadito che tale modi di procedere, poichè ormai sistematico, nella pratica vanifica gravemente l’attività preparatoria verso i giovani posta in essere con molti sacrifici ed oneri finanziari dalle associazioni del volontariato;
posto in questo quadro la Caritas di Carpi, dopo aver subito undici «precettazioni» ha richiesto per protesta la sospensione della sua convenzione con il Ministero della difesa,
si chiede di sapere:
per quali motivi continui la precettazione degli obiettori;
quali misure si intenda adottare per porre termine a questa pratica non accettabile.
(3-00570)
CAPALDI, SALVI, DEL TURCO, LORETO, ROBOL, SEMENZATO, RUSSO SPENA, PETRUCCI, UCCHIELLI, FALOMI. – Al Ministro della difesa. – Premesso che il consiglio comunale di Viterbo ha approvato, a maggioranza, il seguente ordine del giorno:
«Il consiglio comunale di Viterbo,
considerata l’alta percentuale di giovani che svolgono il servizio militare di leva in città;
stante il recente episodio delittuoso che ha portato alla tragica violenta morte del concittadino Raffaele Giorni;
visto che lo scambio culturale tra giovani coetanei ha un passaggio obbligato anche attraverso le comuni frequentazioni nei locali pubblici (bar, pizzerie, discoteche, ristoranti, eccetera);
assunto che il militare sempre e comunque deve contraddistinguersi per la correttezza e la esemplarità del gesto, imponendosi come esempio,
propone:
che tutti coloro i quali espletano il servizio militare di leva in Viterbo indossino l’uniforme durante tutto l’arco di tempo relativo alla libera uscita;
che un adeguato servizio di ronda, così come le principali Forze di polizia, nel loro ambito di competenza, eserciti un attento, capillare servizio di controllo, da intensificarsi all’uscita di quei locali, abituale ritrovo dei giovani;
si impegna ad interessarsi nelle sedi opportune affinchè tale disposizione a carattere locale, urgente ed improcrastinabile, divenga norma statuita su tutto il territorio nazionale»;
tenuto conto:
che da parte della maggioranza degli amministratori della città dei Papi si è voluto costruire un clima di tensione e di divisione che non si era avuto neanche nei giorni successivi alla tragica morte del giovane Raffaele Giorni, quando invece la città e la stessa amministrazione comunale avevano reagito con fermezza ma con dignità ed equilibrio, valutato che nell’ordine del giorno non ci si è minimamente posto il reale problema di integrazione ed accoglienza dei giovani in servizio di leva, cui il comune dovrebbe tendere, individuando l’identificabilità ed il controllo come uniche risposte a situazioni di difficoltà che pure esistono, vanificando altresì ogni possibilità di far sentire i militari di leva parte attiva della società viterbese e non ospiti graditi per metà (graditi per l’apporto economico alla vita cittadina ma non per l’integrazione con la gioventù locale);
che nella parte finale dell’ordine del giorno si dà per scontata l’accettazione, da parte delle autorità militari locali, della proposta sulla divisa obbligatoria e sui controlli, proponendone, addirittura, l’estensione a tutto il territorio nazionale;
che tali posizioni potrebbero «fare scuola» in una certa cultura repressiva, contribuendo a diffondere un’immagine dei nostri giovani di leva certamente non veritiera,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non intenda dare precise garanzie affinchè le richieste avanzate nell’ordine del giorno del comune di Viterbo vengano respinte dalle autorità militari locali;
se non intenda attivare, sin da subito, ed in collaborazione con altri Ministeri, un programma di interventi per l’integrazione dei militari di leva con le realtà in cui svolgono tale servizio, chiamandola a collaborare comuni e province.
(3-00572)
RUSSO SPENA. – Al Ministro della difesa. – Premesso:
che l’obiettore di coscienza veronese Carlo Reggiani è stato assegnato d’ufficio al Ministero per i beni culturali e distaccato alla sede di Verona presso l’Archivio di Stato a partire dal 10 gennaio 1997, aggiungendosi ad altri obiettori in servizio dal dicembre 1966 presso tale Ente sulla base di una convenzione di nuovo tipo, recentemente stipulata tra il Ministero per i beni culturali e il Ministero della difesa che prevede, tra l’altro, l’esenzione, per l’Ente in oggetto, dall’obbligo di fornire vitto e alloggio agli obiettori ad esso assegnati, di anticipare la paga mensile agli obiettori attraverso l’emissione di assegni postali da parte del distretto militare;
che queste nuove disposizioni non rispondono alla richiesta degli obiettori di poter usufruire gratuitamente di vitto e alloggio nei giorni in cui è previsto il rientro pomeridiano;
che sia la responsabile degli obiettori, sia il distretto militare hanno ribadito che agli obiettori non spetta ne il vitto, nè un rimborso economico per la mancata fornitura di un servizio, altrimenti garantito a tutti gli altri giovani in servizio di leva;
che il Ministero della difesa attualmente si trova a gestire due tipi di convenzioni: una prevede l’obbligo, da parte dell’Ente, di fornire vitto e alloggio anche quando nè l’obiettore nè l’Ente lo richiedono; l’altra obbliga gli obiettori a provvedere in proprio per il vitto e l’alloggio, con grave danno alle risorse economiche degli obiettori stessi e delle loro famiglie,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo giudichi costituzionalmente legittima la disparità di trattamento in atto tra i cittadini che svolgono il servizio militare, che hanno diritto a vestiario, vitto e alloggio, e i cittadini che svolgono il servizio civile, totalmente a proprio carico, comprese le spese di trasporto dall’abitazione alla sede dell’ente;
se abbia dato disposizioni ai distretti militari affinchè effettuino i pagamenti alle scadenze mensili, visto che al distretto militare di Verona non hanno avuto indicazioni in merito;
se abbia valutato i problemi che si sono venuti a creare con la stipula delle nuove convenzioni e quali concrete soluzioni intenda adot
tare.
(3-00647)
PELLICINI, MARRI, TURINI. – Al Ministro della difesa. – Premesso:
che il 3 settembre 1992, nei pressi del Monte Zec, in Croazia, veniva abbattuto da due missili quasi certamente dell’esercito croato, il G/222 della 46ª Aerobrigata e perivano il maggiore Marco Betti, il capitano Marco Rigliaco e i marescialli Giuseppe Buttaglieri e Giuliano Velardi; l’aereo veniva colpito mentre stava preparandosi ad atterrare a Sarajevo, per consegnare un carico di coperte destinate alla popolazione bosniaca, assediata ed affamata;
che l’abbattimento dell’aereo, che volava in un corridoio prestabilito tra le tre parti in conflitto, costituì un inspiegabile quanto inutile crimine di guerra perché compiuto in danno dell’aviazione italiana, impiegata nel portare aiuti alle popolazioni dilaniate dalla guerra civile tra serbi, croati e musulmani; malgrado fosse emerso che immediatamente dopo l’abbattimento dell’aereo, militari croati avevano festeggiato l’evento in un bar di Grusevic, piantando in una sommità del terreno prossima al punto in cui era caduto l’aereo l’elica sinistra del velivolo, a mò di trofeo, non si riusciva ad accertare chi fossero gli autori ed i responsabili del lancio dei missili, ancorché fosse del pari certo che il lancio dei medesimi non potesse essere stato effettuato che da una rampa situata alle pendici del Monte Zec, in zona controllata dall’esercito regolare croato; tutti i solleciti dei familiari dei caduti, volti ad accertare le responsabilità degli autori dell’abbattimento, finivano nel nulla, in una sorta di obliato disinteresse da parte delle autorità preposte, finalizzato probabilmente a non incrinare rapporti tra Governo italiano e Governo croato; in altre parole, non veniva effettuata alcuna seria indagine per accertare le responsabilità dell’abbattimento, attribuito a possibili elementi non controllati, né controllabili, della guerriglia imperversante nella zona; del pari risultavano inutili tutti gli appelli indirizzati dal signor Rodolfo Betti, padre del maggiore Marco Betti, finalizzati a far luce sulla tragedia; di fatto, l’abbattimento del G/222 veniva archiviato; a seguito del predetto evento bellico, come da reiterate denunzie del signor Rodolfo Betti, emergeva che il velivolo della AMI (Aeronautica militare italiana) era disarmato e assolutamente vulnerabile in quanto privo di ogni dispositivo di difesa passiva dagli attacchi missilistici; trattandosi di un velivolo da trasporto, privo di qualsiasi dispositivo di difesa attiva, privo di missili ed in genere anche di mitragliatrici, l’unica difesa possibile avrebbe potuto consistere nell’accertamento tempestivo di missili avversari attraverso un sistema elettronico di avvistamento e deviazione dell’offesa; il tutto per consentire al velivolo o una deviazione di rotta oppure un depistaggio del missile verso un falso scopo; purtroppo il G/222 del maggiore Betti era completamente sfornito di tali mezzi di difesa passiva, sicchè venne facilmente abbattuto dai missili dell’esercito croato che risultarono essere di fabbricazione sovietica del tipo terra/aria SA9,
si chiede di conoscere:
quale sia l’esito della inchiesta del Ministero della difesa per accertare la causa precisa dell’abbattimento del G/222 comandato dal maggiore Marco Betti;
quali indagini il Ministero della difesa e l’Aeronautica abbiano svolto nei confronti delle autorità militari croate e comunque delle parti combattenti nella zona del Monte Zec;
quanti velivoli G/222 siano ancora in dotazione dell’Aeronautica (si sa con certezza che due di questi velivoli sono stati e sono impiegati a Timor) e se gli stessi velivoli siano stati muniti di apparecchiatura idonea di difesa passiva, volta ad evitare e scongiurare che sia possibile tuttora un abbattimento, quale purtroppo quello verificatosi il 3 settembre 1992;
se l’Aeronautica ed il Ministero della difesa abbiano apportato le necessarie modifiche ai velivoli tuttora in dotazione in modo da evitare che i morti del Monte Zec siano caduti invano (oltre che dimenticati) per la doverosa tutela della vita degli equipaggi, sempre più coinvolti in azioni umanitarie e di conservazione della pace internazionale.
(3-03325)
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